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Lifestyle

Artrite reumatoide, il mio bagaglio in più

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Arrabbiata.

Triste.

Confusa.

Delusa.

Stupida.

Illusa.

Incazzata nera.

Se oggi mi chiedete come sto, potrei rispondere in mille modi differenti a seconda dell’umore. Umore che fa sbalzi allucinanti e che ogni tanto va decisamente in tilt. Colpito da un fulmine.

Ed è ciò che è successo due anni e mezzo fa, e si è ripetuto ieri.

Ma andiamo con ordine.

Sono Monica e a 40 anni mi è stata diagnostica l’artrite reumatoide, anzi la poliartrite, perchè questa stronza (si può dire vero?!), ha deciso di colpire entrambe le mani, le ginocchia ed i piedi.

Non mi dilungo sui dettagli clinici dell’artrite reumatoide, potete verificarlo digitando su google, ma quello che so è che non è artrosi! Anzi con l’artrosi non ha nulla a che vedere, ma il 90% delle persone la distinzione non la coglie, o non la vuole cogliere. E badate bene anni fa neanche io ne sapevo molto.

Possiamo riassumere brevemente con la definizione medica: “l’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce in maniera elettiva le articolazioni. La sua prevalenza (numero di casi di artrite reumatoide nella popolazione generale) è di circa l’1%!

E sbam, io rientro in questo 1% della popolazione generale. Che fortuna vero?

Ora, lasciamo da parte tutti gli altri mali del mondo, perchè si lo so c’è chi sta peggio, e si lo so ci sono malattie più terribili, ed in famiglia ci siamo passati…..

Lasciamo da parte il resto, perchè questo è solo uno dei miei sproloqui dove sfogarmi e dove raccontare che cos’ho per non sembrare pazza quando alterno momenti di giubilo a totale sconforto.

La malattia mi è stata diagnosticata nel settembre 2018, dopo mesi di dolori, di esami, di dottori e pseudo diagnosi, la più frequente “Signora sarà stress”!

Certo è risaputo che lo stress sia causa di piedi gonfi come tacchini, dolori immani alle ginocchia tanto da non riuscire a scendere le scale dalla camera alla cucina…

La diagnosi certa arriva appunto due anni fa, da un super Dott, come lo chiamo io, che in modo molto gentile mi dice che ho l’artrite reumatoide, ma che ha una buona notizia, ovvero non è presente nel sangue il fattore “reumatico” quindi non è così grave, ma ne ha anche una cattiva di notizia, anzi più di una.

Essendo giovane la malattia corre veloce ed è alle stelle, risultato ecco una bella cura a base di iniezioni di metatrexate (vi risparmio la ricerca su google, si traducono in cure a base chemioterapica). Sostanzialmente le mie cellule sono sbarellate e colpiscono gli arti in modo aggressivo e vanno fermate, tipo subito!

La cattiva notizia non è solo nella diagnosi e nella cura, tosta e pesante, ma è nel momento in cui viene detta.

Perchè se l’artrite reumatoide è una stronza, il tempismo lo è ancora di più.

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Anche qui la faccio breve per mille motivi, ma la verità è che la diagnosi del super Dott arriva alla vigilia di un altro evento clinico importante. Perchè quando a 40 anni un figlio non arriva in modo naturale, dopo un po’ che ci provi, ti affidi alla medicina e dopo nove mesi, che ironia vero?!, di esami, medici, camici, ginecologi maleducati, arroganti, ed un sistema sanitario pubblico che fa rabbrividire, in quel settembre 2018 avevamo finalmente un appuntamento per decidere quale strada intraprendere per diventare una famiglia.

E invece no.

Le ricordo ancora le parole del super Dott, mentre cercavo di trattenere le lacrime “Mi raccomando Signora, accantoni una gravidanza, non la cerchi per nulla, faccia attenzione, con le medicine che prenderà non dovrà assolutamente rimanere incinta”.

Un inverno lungo quello del 2018. Difficile, con tutti gli effetti collaterali del caso.

Intanto le mie mani gonfiavano ed io con loro; via la fede dal dito, vestiti che cominciano a stare stretti; il cortisone che diventa inseparabile, ed io che non riesco a legarmi le scarpe, abbottonarmi la camicia, sbucciare una mela, aprire una bottiglia d’acqua, frenare in bicicletta.

Cancelliamo viaggi e gite fuori porta. L’iniezione va fatta ogni settimana sempre nello stesso giorno possibilmente nella stessa fascia oraria; va tenuta in frigo, meglio evitare di portarla con se’…insomma, tra medicine ed umore nero, mi rintano in casa.

E piango. O se piango. Divento davvero una “lagnona”.

Intanto il mondo fuori non capisce; non comprende la malattia e ne ignora i dolori e il suo svilupparsi. Tanti pensano sia una malattia passeggera, mi credono debole ed incapace di reagire, ma quando le tue mani sono dure come il marmo e l’unica cose che puoi fare al mattino e ficcarci sopra del ghiaccio per sentirle di nuovo muovere, beh non è che puoi saltellare di gioia no?

Nell’estate del 2019, prima di partire per Santorini, finalmente una buona notizia: il super Dott. mi cambia i farmaci, niente più punture a base chemioterapica, niente più cortisone, ma dei farmaci chiamati biologici che sono in grado di tenere a bada e mandare in remissione la malattia.

Esulto.

A Santorini cammino per 10, 20, 25.000 passi; la sera il ginocchio è gonfio come un melone, ma una tachipirina ed una camomilla e sono pronta per il giorno successivo. Mi sento forte, sana a metà, con i piedi sgonfi e le mani più leggere.

Mi apro le bottiglie d’acqua con uno schiaccianoci che uso per svitare il tappo, riesco a sbucciare frutta e verdura con il pela patate, mi lego le scarpe e freno in bicicletta.

Ma soprattutto posso sperare di creare una famiglia. Dopo sei mesi dallo stop delle iniezioni maledette, il mio corpo sarà ripulito e potremo tentare, inseguire un sogno, anche se gli ostacoli ci sono. Prima fra tutte la mia età.

Illusa.

E così che mi sono sentita negli ultimi otto mesi.

Illusa di poter scalfire questa stronza di artrite, di diventare madre con un percorso terapeutico intenso, con due tentativi di fecondazione in un 2020 dannato. Ma l’età unita alle terapie e alla malattia, che nel frattempo ha fatto un salutino anche alla tiroide, beh che ve lo dico a fare.

Un club di stronzi tra tempismo, malattia, medicine, etc etc.

Piango.

Piango durante il lockdown perchè viene cancellato il secondo tentativo di fecondazione.

Piango a luglio, quando nuovamente non va in porto, anche se stavolta era stato fatto un passo in più, mentre io sono dopata da iniezioni di ormoni nella pancia, cortisone e pastiglie colorate di cui ignoro nome e principio attivo.

Sono un cocktail di farmaci, e la cosa mi spaventa, ma sogno, mi illudo, penso positivo. Sorrido.

Invano.

Li sento i dolori che tornano. Le mani che si irrigidiscono; i pugni che non si chiudono, i piedi che si gonfiano e le ginocchia che cedono dopo soli seimila passi.

Le vedo le dita delle mani diventare storte, sottili, strane. Se mi capita di sbattere mani o piedi da qualche parte, impreco, urlo, è come se fossero dei grissini che si sbriciolano.

Un dolore sordo, immane.

E ancora una volta mi illudo, ma il super Dott. , con la sua solita gentilezza ed empatia, mi dice che le cose non vanno bene come sperava; che la cura non funziona più come dovrebbe, che la malattia si è fermata, ma non regredisce più.

Stronza immane quest’artrite!

Sarà colpa delle terapie ormonali? Forse, chissà. Non si sa molto sulle malattie autoimmuni. Perchè si scatenano e perchè saltellano qua e là.

L’unica cosa che si sa è che non se ne vanno; non guarisci; puoi mandarla in remissione la malattia, fermarla, ma lei sarà sempre li in agguato.

Lo supplico di non ritornare a bucarmi la pancia con il metatrexate, perchè anche sei i progetti di diventare una famiglia sono praticamente impossibili, rimangono sempre i miracoli in cui credere no? So che non potrà accadere; ormai conosco il mio corpo e tutti quei valori che mi definiscono in quanto donna; so che cosa ha fatto una terapia a base chemioterapica così forte su di me a 40 anni.

Ma quando te lo senti dire, ancora una volta ti spezzi.

Perchè dopo anni in cui hai un sogno, lo insegui e speri fino alla fine, non è facile accettare di essere difettosa. Anche se la clinica dove mi sono rivolta è stata splendida, mi ha illustrato a dovere i pro e i contro, ha seguito un protocollo medico ad hoc e ha sottolineato che non è impossibile per i malati di artrite avere un figlio, ma nel mio caso troppe cose ci remano contro.

Sapere che le cure fatte, i sacrifici, gli effetti collaterali, non hanno portato ad un buon risultato, beh allora ti incazzi.

Perchè l’artrite reumatoide è diventata il mio bagaglio in più e al momento è impossibile disfarsene.

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Arriva l’autunno.

La “mia” stagione. Cerco la serenità nei suoi colori, nei profumi. Cerco di lasciarmi indietro questi anni bui ed un 2020 che per ognuno di noi è tutt’ora un disastro.

Niente Parigi, Praga, Amsterdam, Londra, o gli Stati Uniti come gli autunni passati.

Fa niente.

Partire non attutisce il dolore, lo silenzia per un po’, lo accantona, ma poi lui torna una volta a casa.

Mi chiedo sempre “perchè è successo a me”, perchè mi sono ammalata, ma questa dannazione so che non è sana.

Avevo solo bisogno di sfogarmi un po’. Di liberare i pensieri aggrovigliati. Di far scendere le lacrime, e di cercare nuovamente, con tanta tanta fatica, di trovare il bello in qualcosa.

La felicità è una cosa seria. Forse un’utopia. Ma per ora mi basta tornare ad essere serena, anche se so che ci vorrà un po’.

Ho un bagaglio in più in un mondo che non ci permette di viaggiare, ironico anche questo no?

Non lo so se andrà tutto bene, quando o come, so solo che voglio concedermi il lusso di rallentare, di decomprimere; e badate bene non è pigrizia la mia, è solo voglia di riappropriarmi del mio tempo, della mia vita, anche se è ammaccata ed un po’ difettosa.

2 Comments

  • Roberta Arsa
    24 Ottobre 2020 at 12:48

    Una gran bella storia, raccontata sa chi come me soffre di un dolore cronico. Io sono Roberta, polimialgica e fibromialgica da diversi anni, calcolando che ne ho 49 quasi 10. Beh sto invecchiando con il mio bel bagaglio pure io.
    Spero di godermi i tuoi viaggi nonostante la malattia alle volte non mi permette di muovermi. Un saluto a presto

    Reply
    • I Viaggi di Monique
      26 Ottobre 2020 at 8:49

      Grazie di cuore per il tuo messaggio e la tua testimonianza Roberta. Ti abbraccio forte! Io sto cominciando ad accetarla ora, questa dannata malattia, ma ammetto che ogni tanto cado nello sconforto per ciò che mi ha fatto “perdere”. Ho voluto raccontare la mia storia, buttare fuori tutto e mettermi un nodo, solo così posso davvero iniziare a stare meglio. Quando vuoi, scrivimi pure via email, a volte le chiacchiere tra chi si trova nella stessa situazione, possono aiutare. A presto. Buon tutto!

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